Il tema del lavoro giovanile resta sempre molto discusso. Recentemente, il dibattito sulla difficoltà di trovare personale in diversi settori, ha generato pareri discordanti tra chi ritiene che i giovani abbiano poca voglia di lavorare e chi invece sostiene che le condizioni lavorative e gli stipendi siano troppo scarsi. Non siamo noi a dire quale dei due pensieri sia corretto o errato, ma i dati della precarietà giovanile fotografano una situazione allarmante che ci pone di fronte a delle domande, prima tra tutte: cosa cercano i giovani oggi?
I dati
- Secondo l’Aidp (Associazione per la direzione del personale), il 70 per cento di chi ha tra i 26 e i 35 anni ha scelto o sta scegliendo di lasciare un lavoro sicuro.
- I dati di ActionAid e Cgil, invece, ci dicono che l’Italia è il Paese europeo con il più alto numero di Neet, giovani dai 15 ai 34 anni, che non lavorano e non studiano: nel 2020 sono più di 3 milioni, con una prevalenza femminile di 1,7 milioni. Ai primi posti ci sono tutte le regioni del Sud: Sicilia (40,1%), Calabria (39,9%) e Campania (38,1%).
- E per quanto riguarda la nostra Liguria, dal recente convegno sul lavoro giovanile “Salone Orientamenti” emerge che a Genova ci sono 4 mila posti di lavoro scoperti per mancanza di persone.
A impattare su questi dati negativi è sicuramente la crisi economica, ma anche l’approccio dei più giovani al lavoro che sta cambiando.
Cosa cercano i giovani oggi
Non solo stipendi adeguati, ma anche rispetto e gestione autonoma del tempo. I giovani d’oggi, figli dell’evoluzione digitale, cercano impieghi basati sulla fiducia e sul raggiungimento degli obiettivi. Tanto che, se il posto di lavoro non rispetta queste caratteristiche, spesso sono disposti a lasciarlo anche senza alternativa, pur di trovare un impiego che li soddisfi sia dal punto di vista qualitativo che retributivo. In molti potrebbero pensare che questo atteggiamento sia superficiale e irresponsabile, ma forse occorre osservare anche l’altra faccia della medaglia.
Oggi la maggior parte dei giovani ricerca una posizione lavorativa che gli consenta una certa libertà. Lo Smart Working (laddove possibile ovviamente) viene sempre più richiesto, così come la possibilità di gestire autonomamente il proprio tempo purché si raggiungano gli obiettivi prefissati. Purtroppo però questo si scontra con la ritrosia di molte aziende, ancora improntate su vecchi modelli lavorativi dominati da scarsa flessibilità, poca fiducia verso i dipendenti e totalmente contrari al lavoro da remoto.
L’importanza dell’etica e del benessere
Un altro aspetto interessante riguarda il benessere psicologico sul posto di lavoro. Se ne parla sempre di più e sia i lavoratori che le aziende sono molto più sensibili all’argomento rispetto al passato. Secondo la Global Workforce of the Future di The Adecco Group, il 75% di chi ha risposto a un questionario sul tema, predilige datori di lavoro interessati al benessere. Il tempo, quindi, assume un ruolo fondamentale e avere un posto di lavoro che non rispecchia le caratteristiche etiche ricercate, equivale a perdere tempo.
A favorire il benessere psicologico dei dipendenti fin dai primi passi è la formazione che oggi, alla luce dell’evoluzione di molte figure professionali, diviene sempre più importante. Tra queste c’è il consulente assicurativo, che richiede competenze specifiche nell’affiancare il cliente con scelte assicurative e previdenziali adeguate.
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